Processo in corso contro Google per presunto monopolio: possibile rivoluzione del mercato

L’accusa di monopolio e l’abuso di posizione dominante nei servizi di ricerca online è stata formulata contro Google dal Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti d’America (abbreviato DOJ in inglese) nell’ottobre del 2020. Ora, dopo tre anni, l’azienda con sede a Mountain View dovrà difendersi in tribunale presso la corte distrettuale di Washington in un processo che molti considerano epocale, in quanto potenzialmente in grado di rivoluzionare l’equilibrio del mercato e il nostro utilizzo quotidiano del motore di ricerca.

Il DOJ accusa Google di aver adottato una strategia anticoncorrenziale, autoproclamandosi custode del Web e stipulando accordi esclusivi con i produttori di smartphone per assicurarsi che il suo motore di ricerca sia quello predefinito e per vietare ai concorrenti di Google di collaborare con tali produttori. Un esempio evidente è il pagamento di diversi miliardi di dollari (15 miliardi nel 2021) ad Apple per assicurarsi che Google sia il motore di ricerca predefinito sul browser Safari. Questo tipo di comportamento, secondo l’accusa, ha permesso a Google, una società di proprietà di Alphabet, di acquisire il 90% delle quote di mercato negli Stati Uniti nel campo della ricerca online.

Inoltre, Google è stata accusata di comportamento monopolistico nel settore della pubblicità online. Tuttavia, una piccola vittoria è stata ottenuta da Google in quanto il giudice ha respinto le accuse secondo cui l’aspetto della pagina nei risultati di ricerca di Google avrebbe danneggiato le piattaforme concorrenti come Yelp ed Expedia.

Naturalmente, Google ha una posizione diversa in merito e, attraverso il suo responsabile legale Kent Walker, ha dichiarato la sua determinazione a dimostrare la legittimità dei suoi servizi e il suo impegno verso la concorrenza. Google sostiene che non vi siano pratiche esclusive illecite, ma solo una competizione legittima. Inoltre, respinge le accuse secondo cui il suo presunto monopolio avrebbe ostacolato lo sviluppo del settore.

Ora spetta al Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti d’America dimostrare che il comportamento di Google ha effettivamente danneggiato la concorrenza nel campo della ricerca. In caso di colpevolezza, non ci sarà un’ammenda pecuniaria, ma sarà vietato a Google di continuare a praticare le presunte azioni anticoncorrenziali e a stipulare accordi esclusivi nei mercati emergenti.